Nota Proibita N° 08 - Sotto la pioggia



Stavamo lì, storditi dall'alcol e da un ridere irrefrenabile; sotto una pioggia battente e un riparo di fortuna che comunque imbarcava acqua come una bagnarola in mezzo alla burrasca. Eravamo strafatti di risate, cercando di respirare profondamente. Impresa assurda. Ogni tentativo di fare silenzio per farci ricomporre veniva interrotto da una nuova prorompente e sguaiata risata. Anche le poche ed estemporanee frasi, buttate là come diversivo, si sgretolavano sotto l'ondata brilla e fragorosa di un'allegria senza più senso. 
E giù ancora a ridere, come due scemi.
Poi, improvvisa, la voglia di dare un senso, quello che volevo io, a quella situazione tanto stupida e irreale. La mia crisi di riso si stava esaurendo, la sentivo ritirarsi dalla gola e dai polmoni come fosse il risucchio di un'onda sulla battigia. Dovevo sfruttarla, prima che morisse sotto la sabbia.
Sollevai il capo lasciando spegnere gli ultimi gorgoglii ridanciani. Con la voce ancora disturbata sussurrai quanto fosse uno spasso trovarmi in quei pasticci, con lei. Aveva il dono di incasinarmi le cose più semplici. Di rendere avventurosa anche una normale passeggiata. E l'adoravo anche per questo.
Le guardai i seni che si alzavano e abbassavano per il fiatone. Fissavo così intensamente che ad un certo punto quello sguardo si fece richiesta. Ordine. Prese la mia mano e se la posò sul grembo, offerto attraverso il cappotto aperto. Le dita salirono fin sul petto bagnato e le sentii il cuore tamburellarle sotto i polpastrelli.
Provai qualcosa anch'io. Avvertii un calore interno che dalla bocca dello stomaco saliva e scendeva come un fuoco alimentato da correnti impazzite, con le fiamme che tremano febbrili e incontrollabili.
Era pericolosa quella sensazione. Tutto quello che facevo con lei era straordinario. Mi faceva star bene e, inutile negarlo, mi rendeva felice. Troppo, per uno come me. Ed il pericolo era proprio quel senso di felicità.
Feci scivolare la mano sul collo e le afferrai i capelli zuppi d'acqua. 
"Mi fa impazzire quell'espressione da santarellina." Le dissi attirandola a me, fino ad averla a pochi centimetri. "Lo sai, no?" 
Lei sorrise maliziosa. 
"Sì che lo sai." Ricambiai il sorriso. 
"Su, avanti, tesoro", le sussurrai, "fammi la faccia che ti riesce meglio. Sguardo da santa e labbra da puttana."
E lo fece. Eccome.
La pioggia ci scorreva ancora addosso lungo la fronte, gli zigomi e le guance, mentre le nostre bocche si schiacciavano l'un l'altra e le lingue si rincorrevano e si strusciavano in una danza concitata e spinta. Sembrava ci divorassimo. Ci baciammo a lungo. Avrei voluto durasse all'infinito ma mi mancava l'aria nei polmoni e mi staccai. Le sue labbra mi rincorsero posandosi, ora con leggerezza, sulle mie. Erano tocchi teneri, uno sfiorarsi languido mentre iniziai ad immaginare che piega potesse prendere la situazione. Lo feci con tale intensità che qualcosa deve essere stato captato. Continuavamo a scambiarci effusioni quando le sue mani presero a scendere sui miei pantaloni. Ne infilò una dentro. chiusi gli occhi e reclinai il capo quando la sua bocca accolse il mio sesso. 
Chiusi gli occhi ed accompagnai col respiro il suo movimento. Sentivo la mia carne crescere ed il suo palato farsi più goloso. Le presi la testa tra le mani. Il suo ritmo aumentava e di pari passo la mia eccitazione, era fuori controllo quando portai una mano sulla nuca e spinsi. I conati e la sensazione di darglielo fino in fondo erano due follie che di tanto in tanto mi ossessionavano. Lei acconsentì lasciando che il membro affondasse e resistette abbastanza poi, quando le si inumidirono gli occhi e si arrossò il volto, scattò all'indietro. Tossì, mi disse qualcosa in spagnolo -e non era certo un complimento- e si asciugò col dorso la saliva che colava sul mento. 
Scoppiai a ridere ricambiando l'insulto, rise anche lei.
"Su... continua!" 
Indicai l'affare che svettava lucido e bagnato, in attesa di farsi ricoprire ed avviluppare dalle sue attenzioni. Si calò tra le mie gambe e riprese a succhiare. Mi rilasciai di nuovo all'indietro. Gemevo, sospiravo, mi scoppiava la testa, avevo l'alcol in circolo ed il sesso sembrava caricasse a pallettoni, pronto a sparare. 
Lei continuava, decisa. Io prendevo aria, sospiravo e deglutivo, mentre lei mi regalava il paradiso, succhiando.

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