Quadro: "La collana di corallo" di Wilhelm Gallhof Ti immagino una donna davvero capace di fare impazzire un uomo, perché non ha limiti e non ha paura di superare quelli che le si presentano. Una donna per cui si perde la ragione, e non la si vuole più ritrovare. Ti immagino capace di degradarti al livello di una cagna e di saperti innalzare al pari di una divinità. Ti immagino come una droga, da cui non ci si vuole disintossicare. Un'ossessione lancinante da cui non si vuol essere liberati. Un inferno da preferire a qualsiasi falso paradiso; un demone a cui prostrarsi rinnegando ogni altra fede. Ti immagino una incurabile follia. Ti immagino un rogo a cui desiderare di esser condannato. E vorrei non fermarmi più. Vorrei esser condannato a nutrirmi in eterno di tutto ciò che ti farei. E se tu arrivassi ad odiarmi, preferirei il tuo odio viscerale, all'amore di chiunque altra.
Sono pazzo di te. Delle tue favolose tette; sode, piene, generose come frutti maturi da palpare fino all'oscenità! Dio santo come ti desidero. Mi fai godere da pazzi. Sto immaginando di averti davanti. Con te che porti le tette fuori dalle coppe e me le addossi in faccia. Senti il mio respiro caldo e veloce scivolarti sulla pelle. Senti le mie labbra succhiarti avidamente i capezzoli duri e la mia lingua frugarti libidinosa. Hai afferrato la mia asta e la punti fra le tue cosce calde. Ti fai premere la cappella fra le labbra già bagnate e colanti. Mi sussurri il tuo amore folle. Folle e insensato ma potente e impetuoso. Mi sussurro "ti amo" mentre spingi il bacino e inarchi la schiena. Ti muovi cavalcandomi e ansimi sentendo il mio cazzo che si spinge tutto dentro...
Mise le gambe attorno ai miei fianchi e si lasciò sfondare dagli stantuffi che le assestavo nella fica. La sentivo calda e bagnatissima, sentivo le sue viscere avvolgermi l'asta che faceva avanti e indietro con un ritmo cadenzato. Continuò a sfregarsi il clitoride, poi con l'altra mano scostò una tetta dalla coppa del reggiseno e si mise a palparla avidamente. La sporgeva come a volermela offrire ed io allungai la mano e la affondai palpandola e pizzicandole il capezzolo bruno e duro, poi si sfilò anche l'altra sfregandola contro la mia mano. Era davvero infoiata, mia cugina. Una volta riprovato il godimento del sesso sembrò non poterne più fare a meno. Quella sera, dopo essersi fatta scopare a gambe divaricate, si sfilò il mio cazzo dalla fica per cambiare posizione più volte. Dopo esserselo sfilato diede delle belle e vogliose leccate al mio randello, duro e bagnato dei suoi umori, poi si mise carponi sopra il divano e, con un tono di voce basso e frenetico, mi incitò a r...
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