Mise le gambe attorno ai miei fianchi e si lasciò sfondare dagli stantuffi che le assestavo nella fica. La sentivo calda e bagnatissima, sentivo le sue viscere avvolgermi l'asta che faceva avanti e indietro con un ritmo cadenzato. Continuò a sfregarsi il clitoride, poi con l'altra mano scostò una tetta dalla coppa del reggiseno e si mise a palparla avidamente. La sporgeva come a volermela offrire ed io allungai la mano e la affondai palpandola e pizzicandole il capezzolo bruno e duro, poi si sfilò anche l'altra sfregandola contro la mia mano. Era davvero infoiata, mia cugina. Una volta riprovato il godimento del sesso sembrò non poterne più fare a meno. Quella sera, dopo essersi fatta scopare a gambe divaricate, si sfilò il mio cazzo dalla fica per cambiare posizione più volte. Dopo esserselo sfilato diede delle belle e vogliose leccate al mio randello, duro e bagnato dei suoi umori, poi si mise carponi sopra il divano e, con un tono di voce basso e frenetico, mi incitò a r
I tuoi seni. Che spettacolo amore mio. I tuoi seni, generosi, morbidi, carnosi. Ci affondo il viso e li palpo, bramoso, appiccicandoli alle guance. Li lecco, te li mordo voluttuoso, succhio i capezzoli, grossi come fragole mature. E intanto tu, sopra di me, agiti i fianchi, spingi con le anche, ti fai entrare il mio sesso, tutto dentro.
Stavamo lì, storditi dall'alcol e da un ridere irrefrenabile; sotto una pioggia battente e un riparo di fortuna che comunque imbarcava acqua come una bagnarola in mezzo alla burrasca. Eravamo strafatti di risate, cercando di respirare profondamente. Impresa assurda. Ogni tentativo di fare silenzio per farci ricomporre veniva interrotto da una nuova prorompente e sguaiata risata. Anche le poche ed estemporanee frasi, buttate là come diversivo, si sgretolavano sotto l'ondata brilla e fragorosa di un'allegria senza più senso. E giù ancora a ridere, come due scemi. Poi, improvvisa, la voglia di dare un senso, quello che volevo io, a quella situazione tanto stupida e irreale. La mia crisi di riso si stava esaurendo, la sentivo ritirarsi dalla gola e dai polmoni come fosse il risucchio di un'onda sulla battigia. Dovevo sfruttarla, prima che morisse sotto la sabbia. Sollevai il capo lasciando spegnere gli ultimi gorgoglii ridanciani. Con la voce ancora disturbata sussurrai qu
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